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Raccolte conservate nel museo

Il Museo di Naxos, è stato realizzato all’interno di un fortino borbonico all’ingresso del Parco Archeologico che conserva i resti dell’impianto urbano della Prima colonia Greca in Sicilia. E’ stato inaugurato nel 1979, a coronamento di una lunga e difficile ricerca condotta dall’archeologa Paola Pelagatti. Ora che larga parte dell’antica area della colonia greca è demaniale ed integralmente visitabile, il museo rappresenta un efficace presentazione alla visita degli scavi.

Costruito sul Capo Schisò nei pressi dell’approdo turistico da diporto, sfruttando lo spazio di un fortino borbonico, che ingloba un torrione costruito nel tardo ‘500 a guardia dell’imboccatura del porto, il museo è strettamente legato al sito di Naxos: un tratto dell’antico muro di cinta attraversa il suo giardino e dal museo prende inizio l’itinerario che si snoda all’interno dell’area urbana.

Le raccolte conservate nel museo, sono formate in massima parte da reperti provenienti dalle numerose campagne di scavo condotte nel sito da oltre cinquanta anni. Ad essi si aggiunge un piccolo nucleo di materiali acquistati a Taormina dall’archeologo Paolo Orsi o provenienti da ricerche da lui condotte. E’ il caso dei corredi di tre sepolture della necropoli di Cocolonazzo di Mola (scavi del 1919), che, risalenti alla seconda metà dell’VIII secolo a.C. rappresentano efficacemente l’incontro tra coloni e popolazioni locali sicule. Sempre a Paolo Orsi ed alla sua attenta sorveglianza dell’allora fiorente mercato antiquario di Taormina si devono gli utensili provenienti da un ripostiglio di Malvagna della tarda età del Bronzo e lo splendido elmo decorato dei primi decenni del IV secolo a.C., rinvenuto a Mojo, entrambi siti della bassa Valle dell’Alcantara.

Un ultima eccezione è costituita da un acquisizione molto più recente: si tratta dell’Arula detta di Heidelberg-Naxos (530 a.C.), con sfingi affrontate, ricomposta da Paola Pelagatti ricongiungendo un frammento conservato presso il Museo dell’Università di Heidelberg con un altro frammento da lei stessa acquistato nel 1973 a Giardini. La ricomposizione avvenuta solo nel 1997, ha arricchito il museo di un esempio notevole di coroplastica prodotta a Naxos sul finire del VI secolo a.C. Per il resto, l’esposizione segue il criterio cronologico ed insieme topografico, con particolare attenzione al raggruppamento di alcune classi di materiali, quali soprattutto le lastre di rivestimento architettonico e le antefisse a maschera silenica, che rappresentano una delle produzioni più significative di Naxos. Con diversi tipi, essa sviluppa ininterrottamente a partire dagli ultimi decenni del VI sino a tutto il V secolo a.C. offrendo una testimonianza significativa del culto di Dionisio, la cui immagine caratterizza la monetazione di Naxos sin dalle prime emissioni.

Le sale di ingresso del Museo di Naxos, sono dedicate alle fasi preistoriche del sito ed al periodo iniziale della colonia (734 a.C. secondo Tucidite). La splendida coppa di Stentinello, trovata non lontano dal luogo del museo, documenta l’inizio della vita del sito nel Neolitico con un villaggio di capanne su Capo Schisò. I due grandi Pithoi della prima età del Bronzo appartengono a due tombe che, con scheletro rannicchiato all’interno, furono scoperte all’interno del santuario sud-occidentale. Più abbondante è la documentazione della media e tarda età del Bronzo, allorchè un grosso villaggio fortificato si estendeva sulla penisola di Schisò, nell’area del castello. Esigua è, invece, la documentazione relativa all’età del Ferro allorchè giunsero i Greci: concordando con la notizia tramandata da Eforo, sembrerebbe che, al momento della fondazione, il territorio fosse deserto; i Siculi abitavano altrove, nelle vicine alture, come ben documenta la citata necropoli di Cocolonazzo di Mola.

Tra i materiali più antichi della colonia greca di Naxos, un posto di rilievo occupano le importazioni corinzie, ed in particolare i numerosi frammenti di Coppe di Thapsos (740–700 a.C.), così denominate dal sito vicino a Siracusa ove fu rinvenuto il primo esemplare. Sono coppe profonde, usate sia per bere che per mangiare, caratterizzate da uno stretto pannello decorato, inquadrato da linee orizzontali.

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